Oggetto: Nullo il patto di non concorrenza che impedisca lo svolgimento di qualsiasi attività
La Corte d’appello di Roma, con sentenza 3372/2025 del 25 ottobre, in riforma della sentenza di primo grado, ha accertato e dichiarato la nullità di un patto di non concorrenza apposto a un contratto di lavoro, ritenendo che l’ampiezza eccessiva dell’oggetto e l’estensione territoriale sproporzionata (Italia ed Europa intera) fossero tali da impedire sostanzialmente al lavoratore di svolgere qualunque attività lavorativa riconducibile al proprio background professionale.
In particolare, la Corte, dopo avere escluso la necessità che le clausole del patto dovessero essere oggetto di specifica approvazione ai sensi del secondo comma dell’articolo 1341 del codice civile, in quanto chiaramente elaborate in previsione di un singolo, specifico negozio intuitu personae e non già a mezzo di moduli o formulati utilizzabili in serie, ha poi esaminato il contenuto del patto di non concorrenza, ricordando doversi valutare, ai fini della sua validità, se il vincolo imposto al lavoratore fosse contenuto in determinati limiti di oggetto e di luogo, come prescritto dall’articolo 2125 del codice civile.
In tale prospettiva, i giudici di appello hanno evidenziato che la Cassazione ha a più riprese ribadito che il vincolo discendente dal patto di non concorrenza non può essere talmente esteso (per oggetto e per territorio) da impedire al prestatore di lavoro un margine di attività e prospettive di lavoro, coerenti con lo specifico bagaglio, esperienza e competenze professionali acquisite e pertanto idonee a procurargli un guadagno adeguato alle esigenze di vita proprie e della famiglia.
Da ciò consegue, secondo il Collegio, che deve essere ravvisata una violazione dei limiti legali di oggetto tale da rendere nullo il patto di non concorrenza ogniqualvolta il datore pretenda di impedire di fatto, sostanzialmente, al lavoratore di svolgere qualunque attività lavorativa riconducibile al proprio background professionale.
In applicazione di tali principi, la Corte d’appello di Roma, esaminato il patto di non concorrenza sottoposto al proprio vaglio, ha ritenuto che l’ampiezza dell’oggetto del patto di non concorrenza, anche in rapporto al requisito territoriale (che comprendeva tutta l’Europa) fosse tale da impedire al lavoratore di svolgere qualsivoglia attività (di lavoro autonomo o subordinato) nello specifico settore in cui lo stesso aveva acquisito il proprio patrimonio professionale, pregiudicandogli qualsivoglia concreta possibilità di lavoro e, per l’effetto, ne ha accertato e dichiarato la nullità
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Bergamo, 11 novembre 2025
Firmato C.d.L. Dr. Paolo Dalmaschio
